La giovane strega, signora di Nessalveno, raccolse il suo cappello e guardò con molta tristezza la sua scopa volante.
Non avrebbe mai più potuto usarla perché era appena andata a sbattere contro una delle grandi piante di abete che circondano la sua capanna.
La scopa era andata in frantumi ed era già la quinta volta che finiva in quella maniera.
La strega sentì un forte bruciore al viso. Prese uno specchio dalla borsetta e vide il suo volto coperto di graffi.
Allora, furibonda, urlò: “abbatterò tutte queste piante! Tutte!”
Nell’udire quella minaccia, gli abeti, i larici, i pini e tutte le altre piante rabbrividirono ed i loro rami cominciarono ad agitarsi impauriti.
Il vento ebbe un triste gemito e l’intera montagna capì che qualcosa di molto grave stava per succedere perché la strega era davvero arrabbiata.
“Vi abbatterò” continuava a ripetere, “non posso continuare a rompere altre scope! Le scope volanti costano parecchio.
Non rimarrà un solo albero su questa montagna!”
Quando la strega ebbe finito di urlare e minacciare, rientrò nella sua capanna. La montagna era veramente disperata.
Venne il buio e ben presto calò la notte. Gli alberi sempre più impauriti, gemevano, piangevano e discutevano sul modo di uscire da un simile guaio. Amavano quella montagna. Lì erano nati e cresciuti; si sentivano parte di essa.
Una civetta che aveva la sua abitazione su una delle piante più antiche di tutta la montagna, era molto triste; stavano per abbattere la sua casa una bellissima quercia che, oltre ad offrirle un rifugio era anche una carissima amica.
Gli scoiattoli che abitavano sugli alberi di noce a fianco non potevano dormire. Tenevano una riunione con un corvo di passaggio che consigliava loro di lasciar perdere tutto e trasferirsi su un’altra montagna. Ma gli scoiattoli, come gli alberi, appartenevano alla montagna di Nessalveno e non volevano assolutamente abbandonarla.
A mamma scoiattolo, intanto, era però venuta in mente un’idea un po’ strana e con una certa timidezza volle comunicarla agli altri: “potremmo tentare di parlare con altre streghe…”
“Parlare con altre streghe!”, esclamarono stupefatti gli altri scoiattoli.
A sentire tale proposta, per poco la civetta non cadde giù dal suo rifugio.
“Chiamare le altre streghe? Io credo che mamma scoiattolo cominci a dare chiari segni di squilibrio mentale”, mormorò.
“Ed io credo, invece, che non sia una cattiva idea,” disse il corvo.
Incominciarono a discutere e la discussione andò avanti per tutta la notte e fino a quando il sole, filtrando tra i rami, illuminò tutta Nessalveno ed i suoi raggi, penetrando nella casa della vecchia strega, la svegliarono.
Allora la strega si alzò dal letto e le venne in mente che, quel giorno, aveva qualcosa di molto importante da fare.
“Ah, ah, ah !!! Oggi preparerò una bellissima pista d’atterraggio!!”
“Abbatterò tutti gli alberi di Nessalveno e così non ci sarà più il pericolo di andare a sbattere quando torno a casa.”
Quando la montagna vide arrivare la strega con l’accetta in spalla, rimase senza fiato.
Improvvisamente il vento cominciò a soffiare molto forte; tutti gli animali abbandonarono le loro tane, i loro rifugi ed i loro nidi sugli alberi per formare una barriera tra la strega e le piante di Nessalveno. La strega, però, non ebbe nessuna difficoltà e pronunciando alcune parole magiche, si liberò di essi. Gli uccellini tornarono all’attacco, le beccarono il cappello e la mano con la quale impugnava l’accetta ma essa non se ne accorse e non sentì, neppure, il lamento che usciva dal cuore di Nessalveno.
Proseguì, quindi, per la sua strada dirigendosi decisa verso gli alberi da abbattere.
Camminava e fischiettava, immaginando già la montagna libera, senza più né tronchi né rami; libera da tutto ciò che le impediva di compiere un perfetto atterraggio.
Improvvisamente, però, qualcosa la fece fermare: un rumore che conosceva bene, il ronzio delle scope in volo.
“Le streghe!” gridò mamma scoiattolo.
Tutti guardarono il cielo ed in quella mattina piena di sole videro apparire una lunga fila di streghe a cavallo delle loro scope volanti. Esse sorvolarono la capanna ed atterrarono in maniera perfetta senza neanche sfiorare un ramo.
Una strega dai grandi occhi verdi, che sembrava avere più potere delle altre, scese dalla scopa e chiese alla strega di Nessalveno: “Dove vai Alina, con quell’accetta? Cosa vuoi fare.”
“Beh…, io…, dunque…” La donna malvagia non sapeva più cosa rispondere mentre gli animali osservavano la scena e non osavano dire una parola.
“Vuoi tagliare tutti questi alberi, vero? Ieri sera abbiamo sentito il disperato lamento di Nessalveno.” “No, Alina, tu non abbatterai questi alberi.” disse con voce decisa la strega dagli occhi verdi.
Mamma scoiattolo guardò soddisfatta gli altri animali come per dire: - avete visto, avevo ragione. Non è stata una cattiva idea quella di chiamare le altre streghe -.
“Se distruggi gli alberi, non avrai più ombra Alina,” disse con un tono convincente una strega magrolina dai capelli bianchissimi come un fiocco di neve appena caduto.
Poi, una dopo l’altra, le streghe aggiunsero: “se tagli gli alberi, la terra diventerà secca. Gli uccelli se ne andranno. Gli scoiattoli partiranno in cerca di un altro rifugio. I fiori moriranno. Senza alberi non ci saranno più nemmeno frutti. E con i fiori, le farfalle e gli uccelli, scompariranno anche i colori della montagna. Nessun cinguettio rallegrerà il mattino. Il canto dei grilli non ti farà più addormentare la notte. Probabilmente, neppure l’arcobaleno apparirà su una montagna così triste,” concluse una strega grassa che era a cavallo di due scope.
Alina la guardò sorpresa e quasi incredula. Poi capì. Ma certo, senza gli alberi la montagna non sarebbe stata più la stessa. Era stata sul punto di commettere una grossa sciocchezza.
Però…, le sue scope?
“Come farò ad atterrare?” trovò il coraggio di chiedere Alina. “Ogni volta che ci provo, vado sempre a sbattere contro gli alberi.”
“Imparerai ad atterrare senza toccare un ramoscello, perché te lo insegneremo noi,” disse Tessadrella.
“Allora, non c’è tempo da perdere; iniziamo subito le lezioni,” disse Pincinella.
“Giobbiana,” disse poi rivolgendosi alla strega grassa, “le insegnerai tu ogni cosa e sarai aiutata da Quintiliana,” disse guardando una strega piccoletta con una treccia che le arrivava a metà della schiena.
Pincinella diede ad Alina una scopa nuova e poi insieme, alle altre riprese il volo.
Allora il vento si mise a fischiare allegramente. A quel suono gli alberi e gli animali ballarono felici e l’intera Nessalveno tirò un sospiro di sollievo.
Il corvo salutò i suoi amici gracchiando di gioia, mentre stormi di uccelli si levarono in volo ed altri iniziarono a saltare di qua e di là sui rami.
Giobbana, Quintiliana e Tessadrella sorrisero vedendo la gioia di tutti gli abitatori di Nessalveno. Alina guardò e riguardò la sua nuova scopa poi, senza nessuna esitazione, vi salì con un gran balzo.
“Ah, no!” esclamò Giobbiana, “non si sale così su una scopa volante.” Alina scese immediatamente e, per la premura, inciampò e cadde. Quintiliana non seppe trattenere una fragorosa risata. “Ecco perché ne rompi tante,” disse Giobbiana.
Allora prese con delicatezza la scopa di Alina e le fece vedere in che modo doveva salire e scendere, senza fretta.
“La scopa,” disse ancora Tessadrella, “non deve stare per aria. Basta poggiare a terra la ramatura ed è fatta. Poi la prendi come se fosse un cavallino, inclini il manico e la fai sollevare lentamente. Forza Quintiliana falle vedere come si fa.” Quintiliana prese la scopa, si alzò da terra dolcemente e fece un breve giro intorno ad Alina, dicendole: “le scope volanti vanno trattate con dolcezza ed affetto. Vedi Alina sono più leggera del vento. Sono come un ramoscello che si può spezzare al minimo movimento un po’ più brusco.”
Alina osservò la scopa come se la vedesse per la peima volta. Era così delicata una scopa volante? Allora le tornò in mente che una volta aveva preso la sua scopa per spazzare il cortile della sua capanna; ma, appena aveva iniziato ad usarla, il manico si era spezzato. Non ne aveva mai parlato con nessuno perché, proprio in quella occasione, si era resa conto che le scope volanti non erano fatte per scopare.
“Io so volare,” disse Alina, “ma con tutti questi alberi che ci sono intorno non riesco ad atterrare.”
“No, Alina, la colpa non è degli alberi. Vedrai.”
La strega Giobbana salì sulle due scope. Malgrado fosse molto grassa, si sollevò dolcemente, leggera come una piuma. Volò al di sopra degli alberi e, dopo aver fatto un giro intorno ad uno stupendo abete, cominciò a scendere ondeggiando. In tal modo, evitò i rami. Pochi secondi dopo, atterrò delicatamente tra Quintiliana ed Alina che rimase letteralmente a bocca aperta.
“Non ce la farò mai,” disse allora la giovane Alina rivolgendosi verso Quintiliana.
“Certo che ce la farai,” rispose la vecchia istruttrice. “Forza, prendi la tua scopa.”
Alina, rincuorata, si precipitò verso la sua scopa e con un balzo vi montò sopra.
“No, non così! Piano e con delicatezza. Prova un’altra volta,” ordinò Quintiliana, grattandosi la testa con una certa impazienza.
Alina scese dalla scopa e risalì con molta più delicatezza.
Adesso comincia a sollevarti lentamente, molto lentamente, le disse Giobbiana.
Alina sai staccò da terra, seguita da Quintiliana. Si sentiva leggera, contenta. Com’era diverso volare senza fretta! Era come navigare su una nave invisibile. La giovane signora di Nessalveno sorvolò gli alberi; contemplò dall’alto il bel verde della sua montagna. Tutto procedeva bene, quando decise di volare intorna alla grande quercia come aveva fatto Quintiliana. Fece una capriola e perse il controllo della scopa che cominciò a girare come una trottola.
“Fulmini e saette! Alina, frena! Parla alla tua scopa, dille di andare più piano,” le urlò Giobbiana.
“Scopina…, Scopina…, per favore non andare così veloce,” disse Alina un po’ spaventata ed un po’ stupita perché nessuna le aveva mai detto che si poteva parlare anche con le scope volanti. Ma, a dire il vero, c’erano molte altre cose che lei ancora non sapeva.
La scopa ubbidì ed allora Giobbiana poté avvicinarsi ad Alina.
“Adesso incominciamo a scendere. Alina, ti raccomando, non farmi perdere la pazienza.” Scesero lentamente; Giobbiana era davanti ed Alina la seguiva.
“Guarda bene come evito i rami, Alina.” E la giovane strega la imitò. Ma proprio quando stava per toccare terra, non riuscì ad evitare il ramo più basso di una quercia ed andò a sbattere il naso contro il tronco.
“Tuoni e fulmini!” Esclamò Quintilliana correndo ad aiutare la sua giovane allieva.
Nonostante le girasse un pò la testa per la botta subita ed avesse dei graffi, Alina pensò soltanto alla sua scopa.
“Ne ho rotta un’altra,” mormorò, con le lacrime agli occhi.
“No, non si è rotta,” la rassicurò Quintiliana affettuosamente.
Giobbiana, invece, si grattò la testa e disse che per quel giorno ne aveva abbastanza. Così, accompagnarono Alina fino alla sua capanna e poi ripartirono.
Il giorno dopo le lezioni continuarono. Tutta Nessalveno osservava con attenzione il viavai delle streghe ed ogni volta che Alina doveva volare, gli scoiattoli, gli uccelli e perfino le farfalle correvano a cercare i loro rifugi. I poveri alberi cercavano di tenere fermi i loro rami, per non peggiorare le cose.
Per un’intera settimana Giobbiana e Quintiliana fecero lezione ad Alina che scoprì, poco a poco, le meraviglie del volo ed i segreti dell’atterraggio. Gli animali smisero di nascondersi ed i rami degli alberi non tremarono più. Il vento accarezzò la giovane strega con dolcezza quando lei, lassù nel cielo, girò intorno alla grande festa ed atterrò senza sfiorare nemmeno il rametto di un albero. Giobbiana e Quintiliana erano molto soddisfatte. Al sabato, ultimo giorno di lezione, Alina si levò in cielo lievemente e da sola: sorvolò Nessalveno e dopo aver contemplato le folte chiome degli alberi, iniziò a scendere lentamente.
A terra trovò una folla di streghe convenute dal Passo del Tonale, dall’Androla di Cevo e da tanti altri luoghi della Valle Camonica per vedere il più bel atterraggio che Alina, giovane strega e signora di Nessalveno, avesse mai fatto.